«C’e una grande differenza fra me e Anna Frank. Io sono sopravvissuta» – questo e il bilancio di Masha Rolnikaite. Il suo diario, che prende avvio nel 1941, e stato scritto su fogli volanti, mandato a memoria, annotato su sacchi di cemento, copiato su minuscole striscioline poi nascoste in una bottiglia – e infine trasferito, nella primavera del 1945, su carta. All’inizio, Masha e una bambina di tredici anni che assiste allo smantellamento della Vilna ebraica – la «Gerusalemme dell’Europa orientale» – e annota ogni cosa, sinche la madre, ritenendo troppo pericoloso anche solo registrare cio che accade, glielo vieta. Del resto, a Masha e agli altri come lei sara vietato tutto – tranne l’esecuzione di lavori sempre piu brutali e avvilenti. Acquaiola in un’azienda agricola, spaccapietre nel Lager, bestia da soma in una tenuta della Pomerania, Masha non sembra tuttavia poter smettere di osservare, e raccontare, l’odio senza fine dei carnefici, la metamorfosi di civilissimi vicini di casa in spietati collaborazionisti, le connivenze e le ambiguita del Consiglio ebraico, insomma ogni anello di quella catena di orrori che, per rassicurarci, pretendiamo di conoscere bene, ma che libri come questo ci costringono invece a ripercorrere, impietriti, come per la prima volta.